Disobedience di Sebastián Lelio
Alla morte del padre, rabbino capo della comunità ebraico ortodossa di Londra, Ronit torna da New York per i suoi funerali. L’unica figlia del rabbino era letteralmente scappata 7 anni prima quando la sua storia d’amore con Esti aveva fatto scandalo, in quanto omosessuale. Per fuggire dalla situazione oppressiva Ronit aveva lasciato tutto e non aveva più dato notizie di sé, e al suo arrivo tutti rimangono meravigliati, anche Dovid, prediletto del Rabbino e in procinto di prenderne il posto, che nel frattempo è diventato il marito di Esti. Ben preso l’antica passione tra le due donne esplode di nuovo e si troveranno a fare i conti con la comunità e la necessità di fare una scelta.
Sebastián Lelio racconta una storia di oppressione, dove i precetti religiosi predominano su tutto e tutti, e nella fattispecie sull’amore di due donne. Il film è diviso in due parti: la prima nelle quali viene esplorata parte della ritualità e della cultura ebraica, introducendo spunti di riflessione, una parte interessante. Quando esplode la passione tra le due, a mio avviso il film diventa un film davvero come tanti già visti, una storia di amore conflittuale e ostacolata, dove l’ortodossia religiosa sembra quasi non essere più la causa caratterizzante. Dando spazio a molti luoghi comuni il film si avvia verso un finale tutto sommato atteso, che comunque porta i protagonisti ad un livello diverso di consapevolezza e maturazione. Come dire, solo dopo aver veramente attraversato l’inferno dl giudizio altrui e dei propri confini è possibile ritrovare un nuovo equilibrio, più consapevole e maturo.
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Stefano Capasso
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